“Atlantide non è morta, ma è più viva che mai ed è ovunque” hanno ricordate le Atlantidee questo sabato sotto le due torri.
Io voglio ricordare come ieri sia stato un anniversario triste: quello dello sgombero di Atlantide.
Non devo ricordare invece quello che Atlantide ha significato per la città: un presidio attivo di cultura, diritti, un posto in cui sentirsi protetti e accettati.
Eppure quel cassero di Porta Santo Stefano oggi, a distanza di un anno, è ancora murato e inutilizzato.
Come volevasi dimostrare si è trattato quindi di uno sgombero da propaganda elettorale – come sappiamo la trattativa in corso tra amministrazione e Atlantidee era già a buon punto, ed era già stata stipulata una preconvenzione per un altro luogo.
E allora lo sgombero é stata una scelta: in una città in cui si parla di collaborazione e di riqualificazione, la scelta di interrompere una trattativa positiva e importante per i cittadini, è stata la scelta di scrivere nell’ordinanza di sgombero una oggettiva falsità, ovvero che dentro al Cassero di Porta Santo Stefano ci fossero degli sconosciuti, quando è chiaro che se con loro si dialogava da un anno è difficile si trattasse di sconosciuti; è stata la scelta di continuare a trattarla come un’occupazione quando si trattava di una convenzione scaduta a cui si stava cercando di rimediare assegnando a un luogo di indubbia importanza per la città un’altra collocazione.
La ferita c’è ancora, un anno dopo, e io credo che l’amministrazione ci debba delle spiegazioni a riguardo. Le chiederò ancora venerdì e finché non avremo risposta.
Emily Clancy
Coalizione Civica per Bologna